Beatrice Santarelli al Museo d’Arte Contemporanea di Fonte Nuova (Rm)
“Attraverso l’uso del colore Beatrice Santarelli, nata ad Amatrice (RI), ha cercato di trasmettere un’esperienza ‘sensista’ che sta alla base dell’arte moderna. Infatti in precedenza non era così importante comunicare stati d’animo, ma con l’avvento della fotografia, la scissione tra il documento e l’arte è stata netta. Il suo incontro con l’arte è avvenuto grazie all’insegnamento che le ha permesso di scoprire l’interesse verso ogni forma creativa.
Nel corso degli anni, la pittura è diventata parte integrante della sua persona, un concetto che non può trascendere dalle parole di Merleau Ponty: “E’ prestando il suo corpo al mondo che il il pittore trasforma il mondo in pittura…”. Con l’utilizzo di colori trasparenti, smalti, colori acrilici e mosaico, ha espresso la metafora di sè stessa come legno, vetro, plexiglas, polistirolo, tessuto e tela immersa nel mondo: “…il mio corpo è preso nel tessuto del mondo e la sua coesione è quella di una cosa” (Merleau Ponty, 1960).
Il trasformare e modificare il colore si è rivelato per lei una necessità vitale, che le ha permesso di realizzare opere che si possono ricondurre al Realismo e all’impressionismo in sede critica, ma probabilmente hanno più a che vedere con la fenomenologia degli Anni 60, in cui la metamorfosi non è solo il teorema della natura, ma la formalizzazione di un mondo estetico in trasformazione, per cui “…la natura non è solo l’immediato sensibile dell’uomo”(Tedeschini,2007).
Ha condiviso una situazione in cui si privilegiava la presenza di altri espositori in maniera da condividere un’esperienza collettiva, con mostre itineranti in mercati frequentati da migliaia di persone, con la tendenza all’artigianato, spesso con l’affluenza di persone passanti a Monterotondo e nell’area laziale e a Roma. Coltivando la passione per la pittura e ogni genere di supporto, approda con una mostra al Comune di Valmontone nel 1989 e un all’Accademia Tiberina di piazza del Popolo a Roma negli anni ’90, così ha condiviso le sue opere con pittori ed artisti, stampatori e collezionisti spesso anche con lavori su commissione. Una casa che col tempo è divenuta un museo e nutre un nutrito stuolo di visitatori. Anche suppellettili, mobilia, con finte prospettive, decorazione, antichità che si ispirano alle grottesche classiche e moderne. (art noveau, art decò) Una sintesi allora nata la pittura che naturalmente si rifaceva alla esperienza simbolista, espressionista e naturalista. Soprattutto per l’acqua in caduta libera. C’è un rapporto classico con la natura perché l’idea che l’arte sia l’espressione di un rapporto sereno con il mondo, ricercato da tutti, in un mondo che invece è frenesia, costrizione, obbligo. Un rapporto idilliaco con l’ambiente che ricorda l’infanzia, la madre terra. Fanno pensare anche a Paul Klee e Magritte in certi casi, poiché il tema è stato affrontato profondamente anche da loro, forse i due più grandi maestri del novecento, diatriba non singolare, se ricordiamo anche quella di Picasso e Matisse, o di Van Gogh – Cezanne, in cui il tema della ‘Grande madre’ gioca un ruolo determinante.”
Le opere saranno disponibili presso il Museo d’Arte Contemporanea per tutto il 2012.